TRACKLIST
1. No Blues
2. Quiet Room
3. Matatape
4. A new Day
5. Filo sottile
6. Seven Words
7. Instabile Mood
8. Free Fly
9. Somewhere song
10. Insette
11. Lullaby For My Mother
Sergio Di Natale: composizioni, arrangiamenti e batteria;
Giacinto Piracci: chitarra;
Francesco Galatro: contrabbasso;
Stefano Giuliano: Sax alto;
Raffaele Carotenuto: trombone;
Emilio Silva Bedmar: Sax tenore;
Pippo Matino: basso “A New Day”, “Matatape", “Free fly”, “Insette”;
Javier Girotto: sax baritono “Quiet Room”,” A New Day”,” Seven Words”, Sax soprano “Somewhere Song”,” No Blues”;
Robin Eubanks: trombone “Matatape”, “Free Fly, “Insette”;
Davide Costagliola: basso “Instabile Mood”
RASSEGNA STAMPA
4 ARTS
Nel corso della sua carriera il batterista-compositore ha attraversato molte tappe interessanti, divenendo una figura importante per capire il cammino della musica afroamericana entro il territorio napoletano ed oltre. Dotato di uno stile definito ed eclettico, si distingue per la brillantezza del tocco e la tendenza a produrre un jazz pensato per linee melodiche piuttosto che per accordi, richiamando alla mente il portamento che fu proprio di Big Band che vedevano come bandleader artisti di forte personalità (Earl Hines, Teddy Wilson, Count Basie, Duke Ellington, Gil Evans, ad esempio). Il suo Sound non ha nulla a che vedere con funambolismi fini a se stessi; scattante ed elastico, indica ad i suoi comprimari fraseggi limpidi e privi di slittamenti, netti, swinganti, che permettono di apprezzare appieno i molteplici colori strumentali che accompagnano i soli impeccabili di Javier Girotto (“A new day”) e Robin Eubanks (“Matatape”), sorretti dal vibrante incedere del basso di un ottimo Pippo Matino.
Sergio Di Natale conduce in modo sobrio una Swing Machines ben ideata, la cui compattezza delle sezioni viene combinata con arrangiamenti concepiti attorno un voler lasciare “briglia sciolta” all’oscillare brillante della ritmica in interplay con i solisti, le cui energie vengono distribuite con una consapevolezza moderna dei nuovi ruoli assunti da strumenti in grado di levigare ogni brano con evocazioni oblunghe ed oblique che esprimono un segno contemporaneo estremamente distintivo e piacevole, come nell’andatura emotiva della chitarra di Giacinto Piracci in “Filo sottile”.
Il filo della concezione orchestrale del Nostro è nell’eleganza di un Laboratorio creativo nel quale s’ incontrino “pieghe nucleari” riflesse nella solidità degli assiemi (“Seven words”) , nelle poliritmie acide e robuste di “Instabile moods” e nella chiusura spirituale e notturna di “Lullaby for my mother”.
Fabrizio Ciccarelli